Da qualche giorno m’interrogo sui difetti, o cosiddetti tali, chiedendomi se devono essere intesi come imperfezioni o un modo per offuscare le particolarità.
O meglio, non comprendo perché trascorriamo più tempo a vedere, o puntualizzare, ciò che non va anziché focalizzare le attenzioni su quello che ci rende raggianti.
Parliamoci chiaro, basta che una connotazione non risulti allineata con ciò che ci circonda per andare in tilt!
Cosa succede al nostro cervello?
Perché questi famosi difetti ci scoraggiano e confondono?
Che poi, dove sono celati, voi sapreste dirmelo e soprattutto descrivermelo?
Cosa è per voi un “neo” che non ci permette di andare avanti?
Potrebbe essere interessante, se concordate, pensare che un tratto “scomodo” faccia parte di un insieme armonioso.
Attendo vostre notizie per continuare la mia analisi.
Ah, ovviamente, buona giornata
Una risposta
Chi decide cos’e’ un difetto?
Mi spiego: se so di avere un’occhio leggermente strabico, lo riterro’ un difetto ma, per chi mi guarda dall’esterno potrebbe essere un pregio (lo strabismo di Venere e’ considerato un tratto particolarmente fascinoso, soprattutto nelle donne).
Potremmo fare molti esempi di difetti fisici che si integrano armoniosamente nel corpo e più ancora, se si tratta di difetti caratteriali, nella personalità.
Chi e’ pignolo (lettura che fa presupporre un difetto) e’ anche, in chiave positiva, meticoloso e preciso, e via così.
Percio’ il problema si risolve osservando i propri difetti, e quelli altrui, dalla stessa prospettiva, mantenendo una coerenza intellettuale, guardando alla “differenza” (con cio’ attribuendo al difetto la caratteristica della semplice diversità’ dalla norma, piuttosto che una specifica connotazione – negativa o positiva che sia) come ad un fattore oggettivo che amplifica la varietà della specie umana e, in sostanza, la arricchisce.
E allora persino un neo, le lentiggini, lo spazio tra gli incisivi, gli occhi di David Bowie diventano una ricchezza per chi li possiede e per chi li osserva, così come la varietà caratteriale servirà ad unire, anche nella sfida, persone diverse.
Spesso, e qui concludo, e’ il contesto che determina il giudizio, perché’ razzismo, omofobia e aridità di spirito sono figli del “branco” (soprattutto di quello intellettuale, così omologato e scevro di interpreti autorevoli), non già di ognuno di noi singolarmente, d’altronde, come diceva Paolo Poli, attore di grande sarcasmo e lucida ironia (che io considero anche un grande intellettuale), che da ieri ha lasciato questa terra per allietare i cherubini, “Il torto di Dio è di non aver brevettato l’uomo, per questo ce ne sono in giro tante cattive imitazioni”.