“Le pietre bucate”. Una poesia in onore di Santa Barbara

Una Torre di pietra viva,

dimora della sposa negata,

al Dio della luce.

Tra cipressi orientali,

nelle città delle spezie e dagli sguardi nascosti,

la porta si chiuse

tra urla di donne

e tempesta di sabbia.

Un costruttore di pietre parlanti,

pose le sue mani sulla terra santa.

Una torre innalzò fino al cielo,

quadrata e con la cupola di terra rossa.

Tre volte aprì la roccia

E il profumo di mirra e incenso

entrò fin dentro i suoi labirinti.

Lo sguardo di lei sfiorava il mare,

sentiva il turbamento del fuoco

e la luce dentro il suo seno nudo.

Il padre maledetto

ordinò la morte della carne,

strappando i fiumi di latte.

Verghe di fuoco

e piume di pavone

straziarono la carne di Lei.

Il cielo scagliò la sua fiamma

E la terrà si aprì, per inghiottire la morte.

Il sangue, inzuppo le lapidi dell’empio,

nella città del tempio antico.

Un racconto di santi

si tramanda di donna in donna,

di madre in madre,

di sposa in sposa,

fino al nostro tempo in cui i seni sanguino ancora.

Tra le valli e le torri

nei fiumi e nelle grotte invade

il nostro tempo e sfiora gli uomini del coraggio

e dell’arte, della terra e del mare

delle fortezze e della campane.

Donna e madre antica.

di Ibla Major è la prediletta.

Barbara, è il suo nome. Questa è la sua leggenda.

Francesco Finocchiaro 

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