Quando si è piccoli si immagina sempre la tua vita fuori di casa.
Chiunque di noi almeno una volta avrà detto tra sé e sé
“Non vedo l’ora di andarmene da questa casa”
o
“Quando abiterò da solo/a farò quello che voglio”.
E poi ecco che arriva quel giorno!
Per esperienza personale ho vissuto quel fantastico momento in cui ho lasciato il nido e da lì ho iniziato a strutturare una teoria:
“Una persona che abita da sola attraversa 5 principali stadi evolutivi che a conclusione permetteranno all’essere umano di sentirsi perfettamente in linea con il quieto vivere.”
1 stadio: si vive una vita fatta di cibi pronti, piatti non lavati, bucato accatastato in una cesta, lavate di vestiti che risultano essere per lo più i giochi dei Monsters, dove inserisci nel cestello la tua camicetta preferita è da lì esce una cosa deforme di mille colori.
2 stadio: si inizia a comprendere che la necessità di un cibo più o meno sano sia fondamentale, anche solo perché si arriva alla conclusione che Alessia Marcuzzi e la sua pubblicità degli yogurt non è sufficiente per riequilibrare il tuo intestino ormai devastato.
In questo stadio però ancora il soggetto non si sente fisicamente pronto a procedere con il lavaggio giornaliero dei piatti usati e quindi rimanda l’ardua prova fino ad esaurimento di posate.
3 stadio: una volta effettuate le prime esperienze con la lavatrice il soggetto comprende che lei è la creatura più forte di chiunque altro, soprattutto quando iniziano a sparire i famosi calzini.
Avevo sempre immaginato fosse una leggenda delle mamme che prese da un raptus di follia, facessero scomparire le calze per evitare di riaccoppiare i calzini. Ma invece no ragazzi miei, ammetto di avere anch’io il famoso sacchetto “prima o poi i tuoi fratelli torneranno” (aggiungerei anche…chissà quando)
4 stadio: Il soggetto attraversa un rapporto conflittuale con uno strumento che solo per i pochi eletti risulta essere un piacere, il ferro da stiro.
Io non so bene chi abbia inventato questo strumento ma mi domando e chiedo, “perché non dormiva quel giorno anziché rilegare noi tutti con un ferro in mano?”
Provate ad immaginare una vita di vestiti stropicciati, dove l’abbigliamento rappresenta una metafora di vita.
“Nulla è semplice, lineare, ci saranno prove ardue da superare, come un colletto che non vuole stare dritto ma che prima o poi il calore del tuo cuore (o il tuo sedere) faranno si che le cose vadano dritte per il verso giusto”
Solo attraversando questo stadio ho compreso come mai le mamme vogliano sempre avere il ferro di ultima generazione anche se nonostante tutto io ho ancora il ferro di livello base.
5 stadio: stando lontano, l’individuo inizialmente apprezza infinitamente quella distanza da ciò che sono i litigi per un piatto non lavato, per essere rincasato tardi, per non aver messo a posto la stanza. Apprezza sempre di più il silenzio che a volte forse risulta assordante e fin troppo insopportabile.
Ma ecco che arriva l’evoluzione, perché si parla di quieto vivere.
Il soggetto, attraverso questo stadio di conoscenza, apre la propria mente e si rende conto che dietro ad un litigio c’è sempre un momento di pace, che una stanza non pulita può rappresentare un senso di unione, se chi ti vuole bene è pronto a darti una mano, i piatti sporchi sembreranno sempre pochi se viene condiviso il momento della pulizia.
Forse è questo il vero motivo per il quale è giusto allontanarsi da casa il prima possibile, perché solo così si apprezza realmente ciò che si è lasciato e si riesce a trovare quella famosa serenità.
Non parlo di certo di rimpianto, ma come già detto di evoluzione, perché sicuramente viver lontano da casa fa comprendere ad ognuno la propria forza:
“So cavarmela anche da solo”.
Di quando si va via, però, la cosa che acquista più valore è l’abbraccio ricevuto una volta aperta la porta di casa mentre urli:
“Mamma, sorpresa! Sono venuta a trovarti”.
Questa è la cosa più bella che possa esserci nel mondo.
Federica