Quando ho letto questa poesia mi sono specchiata nelle sue parole, nella sua essenza, nella sua semplice verità. E’ interessante il concetto di poter dare spazio ad una vita nuova che, a mio parere, non significa per forza scartare quello che c’è stato in precedenza, piuttosto implementarlo. Forse rimodularlo. Dare una forma nuova alle cose non è necessariamente sbagliato; la vedo come la possibilità di fare spazio ai nostri desideri, ai sogni più nascosti, alle opportunità relegate in un angolino per paura di non saperle gestire. Ad esempio io, fin da quando ero piccola, mi sono sentita una creatura libera, uno spirito dinamico, un’anima vogliosa di infondere la propria aurea ma, per qualche strano motivo, delle volte non riuscivo a trasmettere ciò che volevo temendo di non possedere il metodo giusto. Adesso, invece, ho capito che non è poi così difficile, basta addrizzare il tiro, cambiare prospettiva, cercare semplicemente di essere più sicuri di se’, delle proprie capacità. Si deve chiedere se vogliamo che ci venga dato, guardare la realtà se la vogliamo conoscere, togliere il verme se non desideriamo marcire. Bisogna cercare sempre di essere una scelta e mai una opzione e, soprattutto, ci si deve amare. Solo così si potrà trovare la chiave per amare gli altri; solo così si potrà avere la possibilità di una nuova vita.
Non necessariamente migliore, non per forza peggiore, ma solo: nuova.
Buona notte
La vita nuova
arriva taciturna
dentro la vecchia vita
arriva come una morte
uno schianto
qualcuno che spintona cosi forte
un crollo.
E’ una scrittura tanto precisa
e netta da non lasciare dubbi
né sfumature di senso eppure
non dà direzioni né mete.
La vita nuova irrompe
come un vecchio che cade
sul ghiaccio, un pensiero
davanti a un muro, la
sirena di un’ambulanza.
Non ci sono feriti
né annunci di sciagura
solo noi da convincere
a lasciar perdere il miraggio
di una via rettilinea, di un
orizzonte, lasciarsi curvare,
piegare alla tenerezza
delle anse del destino.
La vita nuova
è come un grande tuono
sbriciolato
poi a poco a poco
l’erba si china
sotto la pioggia
la prende
la beve.
Chandra Livia Candiani
3 risposte
Un puzzle, la vita è come un puzzle.
In principio cerchi i pezzi chiave, gli angoli, i contorni dell’immagine, poi cominci a costruire il contenuto, spesso in ordine sparso… li c’è un colore, quella forma combacia… il modello di riferimento sempre fisso davanti a te, davanti alla costruzione cui stai dando vita.
Ma può capitare, a un certo punto, di fermarsi, magari perché
non si trova immediatamente il pezzo giusto, ci si stanca, ci si annoia, mettere da parte la scatola e rinviare il completamento a tempo indeterminato, non è una rinuncia, e’ un prendere tempo, non sforzarsi troppo di affrontare le difficoltà, liquidare l’imprevisto con una scrollata di spalle.
Pezzi sparsi sul tavolo stanno a ricordarti che esiste un’armonia, frammentata, incompiuta ma è lì, sotto i tuoi occhi, devi solo guardare attentamente.
Quando torni a farlo, perché intorno a te si è alterato qualcosa e lo sguardo vaga smarrito in cerca di un riferimento, riprenderai a concentrarti su te stesso, siederai nuovamente a quel tavolo, guarderai il lavoro già svolto e, potendone comunque compiacerti, ricomincerai a costruire da dove eri rimasto, non necessariamente da un pezzo in particolare, ma dando per scontato che “quel che è fatto, e’ fatto”.
È un nuovo inizio, ma tiene conto del passato, e’ un modo sereno di rimettersi in gioco senza rinunciare al proprio vissuto.
Ogni volta che ci distraiamo dalla costruzione della nostra vita, ci prendiamo un minuto, un ora, un giorno, un mese… senza dedicarci a quel completamento, accorciamo, in realtà, il tempo che ci è dato per definire l’immagine complessiva.
Il concetto che l’esigenza di ricominciare a costruire arriva sommessamente, si fa largo quasi con prudenza, non è traumatica ma piuttosto si ammanta di tenerezza, rende ancor meglio l’idea della sua ineluttabilità, non c’è e non ci può essere costrizione nel rimettersi in gioco, è inevitabile… e allora tanto vale che sia dolce, compiuto d’amore.
Poi, al puzzle, mancherà qualche pezzo e ancora ti fermerai a cercarlo, mentre il ritratto della tua esistenza diventa sempre più nitido e non avrai più bisogno nemmeno della scatola per immaginarne il contenuto.
Non si finisce mai di costruire ma, rimanendo nella metafora, si continua ogni volta che si aggiunge un pezzo e quel pezzo da’ sempre un aspetto diverso, nuovo, all’immagine che costruiamo di noi… nuovo, non bello o brutto, semplicemente nuovo, sposo anche quest’idea della novità a dispetto del suo valore, a dispetto dell’estetica e della forma, perché nuovo significa anche, attribuito alla singolarità dell’animo umano, originale, diverso nel senso pieno del termine, arricchito di qualcosa… e quel che aggiungi, per poterti completare, e’ sempre e solo amore, nel compiere l’azione e nel suo contenuto.
Questo esercizio diventa propedeutico della tua capacità di amare gli altri ma, soprattutto, della tua sensibilità nel riconoscere l’amore e ricambiarlo.
Un puzzle, sulla scatola la tua immagine, mille pezzi da comporre… qualcuno ti aiuterà, qualcuno li disperderà, ma tu sai che puoi comporlo, sei l’unico che, anche ad occhi chiusi, sa dove collocare ogni singolo pezzo.
Bene e male, piacere e dolore, amore e odio, dolcezza e forza, paura e coraggio.
Fuga e appartenenza.
La nostra storia è un susseguirsi di scelte: ragionate, taciute, orgogliose e dichiarate, oppure tristemente mancate.
Ci piace immaginare dei confini precisi tra il come siamo e il come eravamo, subiamo, a volte, il fascino consolatorio dell’assoluto.
Con un certo narcisismo, ci illudiamo così di poter rileggere e motivare i nostri comportamenti, posizionando e definendo pienamente il loro senso ora da una parte, ora dall’altra degli opposti valori.
Indulgiamo nel considerare i nostri giudizi come definitivi, ché vederne il carattere ritualistico, simbolico e consolatorio rompe l’argine della complessità.
Sfatare il mito della semplicità buona, cristallina, umile e operosa è un esercizio mentale che può colorarsi di ansia e inquietudine.
Mettiamo in gioco la nostra identità, il nostro mito, ancora una volta narcisisticamente coltivato. Restare in accettazione o rifiuto all’immagine donata o imposta dagli altri, aderire – come si conviene – al binomio maschera-persona, è una tentazione forte.
Ridiscutersi in una tensione evolutiva faticosa quanto entusiasmante, raschiare sotto l’ultimo strato di pelle fino a raggiungere la carne nuda e pulsante… Traversate in cui si imbarcano i folli, eroi che viaggiano leggeri verso la gioia insospettabile della scoperta che noi non siamo somma di esperienze, di successi e fallimenti, di opere compite e incompiute.
Siamo anime in dinamico equilibrio
Itaca può essere più vicina di quanto si immagini. Ogni viaggio ha una meta, ogni meta è una occasione, ogni occasione, qualsiasi il suo risultato, è una novità. Snocciolare il nostro io narcisistico e mascherato non è facile, ma nemmeno impossibile. Sono felice del tuo contributo a questo pezzettino di mondo