Scarpe?
Io, di solito, dico Louboutin. Lei, risponde, Hogan.
Io adoro i “supporti ortopedici” che mi innalzino di almeno 10 cm, lei adora la comodità che le regala un contatto intenso con il terreno.
Opposte? A mio avviso, complementari.
Per questo, un giorno, parlando con Cet (la sua sillaba) è nata “Parola per parola”, una rubrica dove potrete leggere, in senso stretto e lato, un modo alternativo di vedere le cose. Anche perché, a noi donne spettinate, le convenzioni fanno venire male ai piedi.
Diciamocelo, il maggior numero di disegnatori-creatori di scarpe sono uomini che non indossano le loro creazioni, non le provano neppure, non fanno neanche un passo dalla poltrona allo specchio (non sanno cosa si perdono, vero?); no, lasciano a noi donne la gioia del dolore di andare a spasso con un capolavoro ai piedi (ché non possono parlare, i piedi).
Noi? Avete ragione è una parola ambiziosa, noi. Facciamo voi.
Alcune di noi vanno solo di sneakers e scarponcini, e quando occasionalmente (e tragicamente) si presenta l’evento foriero di tacco (sì, perché, per alcune, solo di evento si tratta) e si elevano su sei centimetri, hanno il passo sinuoso di un cammello sbronzo. Preferiscono stare coi piedi per terra e la testa fra le nuvole.
Ma parlavamo di voi che leggiadramente volteggiate sulle ballerine (che erano, vorrei ricordarlo, le scarpe da matrimonio delle bimbe belle e brave degli anni 80) capaci, queste graziose scarpette comode, di ammazzare anche lo slancio di Carla Bruni (su, ammettetelo).
Parliamo di voi amanti del tacco a spillo, di quelle spericolate altezze di dodici centimetri, oggi con plateau per comodità (fa un po’ modello ortopedico, ma non diciamolo). Adesso mi tocca ricordare che noi siamo, anche, quello che indossiamo (altrimenti perdo in solennità); quindi sappiamolo, e sappiamolo qui su Bigodini, che è femminile e imprevedibile (col brivido felino incorporato) la donna-voi che vive svettando su dodici centimetri di tacco.
Invece la donna-voi che si ballerinizza è tanto maliziosamente ingenua; e ho pure saputo, sia detto fra noi, che a voi portatrici di ballerine piace fare l’amore a lungo, parecchio a lungo (ce la capite, eh?).
E ho scoperto che quelle con le sneakers sono spontanee, sicure di sé, convinte di poter sedurre anche col burka! (Scusate, mi faccio un attimo un brindisi; brindo a: toh, ma dici vero?!).
Però adesso parliamo di noi donne, dai, di donne che sono un’altra cosa come diceva una vecchia canzone (silenzio che sa ascoltare, carezza che sa svegliare). Facciamo che la cantiamo in coro e facciamo che indossate le scarpe che volete, quelle che vi fanno più bello il sorriso.
Cettina Caliò ha studiato presso la Scuola Superiore per Interpreti e traduttori di Roma e presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Catania. Si occupa di insegnamento on line di lingua inglese.
Scrive poesie e racconti. Sostiene di scrivere perché ha nostalgia di tutti i momenti in cui si è sentita viva. Le piacciono le parole di due sillabe e gli autogrill. La musica classica è la sua variante del silenzio. Divide le persone in due sole categorie: quelle in gamba e quelle che non lo sono. Legge molto perché, dice, le piace andare lontano restando vicino. Ha pubblicato: Poesie (Ibiskos 1995), L’affanno dei verbi servili (Bastogi 2005), Tra il condizionale e l’indicativo (Ennepilibri 2007), Sulla cruda pelle (Forme libere 2012). ) in questo momento in offerta a 9,98)
Ha ottenuto riconoscimenti in ambito nazionale e figura con i suoi testi in antologie e riviste letterarie.Dicono di lei:
Singolarissima autrice toccata dalla grazia di una vena comunicativa visionaria e coinvolgente. Un intreccio linguistico misurato e acuto. Polivalenza espressiva di rara ricchezza cromatica. Leggerezza e intelligenza si fondono nella luce della parola poetica.
Eleonora Roncaglia – Critico letterarioSei una rompiballe epica.
Giuseppe Condorelli – Insegnante e poeta
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